Zolfo  Mercurio  Sale  Unione/Fissazione Secondo ciclo
    Il Sale dello Zolfo

Per estrarre la parte fissa dello zolfo dobbiamo fare evaporare il liquido rimasto dopo la distillazione del mercurio, carbonizzarlo ed infine calcinarlo.

Mettiamo quest’acqua, ormai di colore scuro, in un comunissimo pentolino da cucina e facciamola evaporare fino a farle raggiungere la consistenza del miele. Successivamente versiamo la sostanza mielosa in una pentola pyrofilam che porremo su una fonte di calore molto lenta. Il graduale aumentare della temperatura provocherà un processo abbastanza spettacolare: in un primo momento la sostanza mielosa diventerà sempre più densa e scura, assumendo quasi l’apparenza di una sostanza vulcanica o del catrame; infine, quando il tutto diventa nero, questa si carbonizzerà. A questo stato di carbonizzazione segue la calcinazione.
La parola calcinazione oltre ad essere usata per indicare il metodo d’estrazione del sale, significa anche "far diventare bianco come la calce". È un processo chimico che per mezzo di un calore molto alto tende ad incenerire ciò che in precedenza è stato carbonizzato.
Dopo aver tritato finemente la sostanza vulcanica fino a ridurla un ammasso di polvere apprestiamoci adesso ad incenerirla, sistemandola delicatamente su di un mattone refrattario che porremo a sua volta sopra un braciere. Al fine di raggiungere una temperatura abbastanza elevata copriamo poi la polvere nera con una pentola. Non disponendo di un forno che raggiungesse la temperatura necessaria a calcinare la polvere di carbone, ci siamo serviti di un sistema che, per quanto possa apparire dozzinale, è risultato efficace per il nostro obiettivo.
Anche in questo processo il controllo della temperatura è di grande importanza: basandoci sulla nostra esperienza, consigliamo sempre di mantenere per lungo tempo una temperatura media, invece che un alto numero di gradi per un breve periodo, rimestando di tanto in tanto la cenere con un cucchiaio d’acciaio inossidabile. Se la cenere non venisse smossa ed il calore fosse troppo forte, essa tenderebbe a diventare marrone e a formare grumi. Una calcinazione potrà dirsi accettabile intorno ai 400-500 gradi, sempre che questa temperatura venga mantenuta sufficientemente a lungo. Dopo aver incenerito la sostanza vulcanica aumentiamo la potenza del calore fino a quando non rimarrà una cenere quasi completamente bianca, riconoscibile dal suo odore caratteristico, molto intenso. Avremo così ottenuto la parte fissa dello zolfo, chiamata anche sale dello zolfo, composta da due sali, una dei quali solubile in acqua. Per separare il sale solubile da quello non solubile, versiamo la cenere ancora calda in una bottiglietta contenente dell’acqua distillata e lasciamo agire la soluzione per circa un’ora. Dopo questo periodo di tempo, la parte solubile del sale si sarà sciolta nell’acqua, mentre quella non solubile sarà interamente precipitata sul fondo della bottiglia. Dopo aver separato i due sali filtrando la soluzione con una tela o un panno di carta finissimo, versiamo il liquido contenente il sale solubile in un recipiente di porcellana e per mezzo di un bagno di sabbia facciamo evaporare l’acqua molto lentamente, fino a quando nella tazza rimarrà soltanto il sale. Poiché igroscopico, dopo averlo grattato delicatamente con un cucchiaino, conserviamo il sale in una scatolina ben chiusa lontano dall’umidità.
Per ottenere un sale molto puro, sarà necessario calcinarlo e scioglierlo in acqua mentre ancora è caldo per almeno tre volte, attenendoci sempre allo stesso procedimento. La parte del sale non solubile rimasta nella tela dovrà invece essere ben lavata accuratamente più volte. Se al termine del lavaggio la quantità d’acqua da eliminare sarà minima, basterà farla evaporare al calore del sole; diversamente, la si farà evaporare tramite il bagno di sabbia. Talvolta può succedere che la soluzione del sale nell’acqua abbia un colore arancio o giallo. Ciò significa che la durata della calcinazione è stata troppo breve. In questo caso dovremo calcinarlo di nuovo.
Alla fine del processo avremo così ottenuto due sali: uno solubile in acqua, che costituisce la parte più leggera del sale dello zolfo, e uno non solubile che ne costituisce invece la parte più pesante.

    Estrazione del Sale

Nel primo passaggio di questa fase dell’operazione abbiamo estratto lo zolfo, nel secondo ci siamo occupati dell’estrazione del mercurio,nel terzo di quella del sale dello zolfo. Se vogliamo avviarci verso la fine di questo primo ciclo, dobbiamo adesso estrarre il sale propriamente detto.
Assicuriamoci che il resto della pianta – messo in precedenza ad asciugare – sia abbastanza essiccato e introduciamolo in un comunissimo fornetto per carbonizzarlo. Dopodiché, tritiamo finemente il carbone fino a ridurlo un ammasso dipolvere nera. Per ottenere il sale, da qui in poi non dovremo far altro che procedere dettagliatamente come per l’estrazione del sale dello zolfo, iniziando dunque con l’incenerimento della polvere nera e terminando con l’evaporazione dell’acqua dal sale per mezzo di un bagno di sabbia. Anche in questo caso, come per il sale dello zolfo, alla fine del processo di calcinazione otterremo due sali, dei quali uno solubile in acqua, che chiameremo Sal salis, il sale propriamente detto, e un altro non solubile, che chiameremo Caput Mortum. Riconosceremo il sale dal suo leggero odore pungente e per le sue caratteristiche corrosive.
Anche per questi sali è valida la regola di conservazione adottata per i primi due, pertanto dovremo avere l’accortezza di conservarlo al chiuso e lontano dall’umidità.